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BASSA ACIDITA’ NELL’OLIO EVO SINONIMO DI QUALITA’

Tante volte sentendo parlare esperti del settore olivicolo, torna ricorrente il termine acidità, sopra o sotto certi livelli, ma cos’è e come si traduce il grado di acidità in un olio?

Spesso infatti tra i consumatori viene erroneamente interpretata come una caratteristica di gusto, ma si tratta di un parametro chimico che va ad indicare il contenuto di acidi grassi liberi in un determinato olio.

Partiamo dal fatto che gli acidi grassi nell’olio sono presenti perlopiù come trigliceridi: tre acidi grassi (acido oleico maggiormente, negli oli di oliva) legati ad una molecola di glicerolo. Nel frutto e nell’olio, tanto per capirsi, la rottura di quel legame tra il glicerolo e una o più delle catene di acidi grassi porta alla liberazione dell’acido grasso. Quindi l’acidità libera, così chiamata, è il parametro che determina la quantità di acidi grassi liberi presenti in un determinato olio in una quantità percentuale.

Ora, l’acidità dell’olio è un parametro molto importante per valutare la sua qualità. Essa indica la quantità di acidi grassi liberi presenti in un determinato olio, che si formano quando i trigliceridi (le molecole che compongono l’olio) si scindono come detto sopra.

Se ne deduce che più bassa sarà la percentuale di acidità presente nell’olio e più alta sarà la qualità di quell’olio e questo soprattutto grazie a materie prime di qualità, quindi olive sane e fresche, metodi di estrazione a freddo e di conservazione ottimali, luogo fresco e buio, al fine di ottenere il più bassi livelli di acidità. Questi i maggiori fattori che incidono sulle percentuali di acidità nell’olio e di conseguenza anche sulla sua qualità. Ma quali sono questi livelli e come valutare un olio di qualità secondo i parametri di acidità libera?

Per essere definito Olio Extravergine di Oliva (EVO), un olio deve avere una acidità inferiore a 0,8%, limite imposto da una normativa europea ed internazionale.

L’olio vergine di oliva (VO) ha invece un’acidità che oscilla tra 0,8% e 2%.

Infine c’è l’olio di oliva raffinato che ha un’acidità non superiore a 0,5%. Conoscendo le proprietà dell’olio di oliva raffinato, trattato con soluzioni di soda per ridurre proprio l’acidità, ne deduciamo facilmente che la percentuale di acidità in un olio non può essere l’unico parametro su cui basare la scelta verso un olio di qualità. Tuttavia in linea di massima, dei bassi valori di acidità suppongono un’elevata qualità di un determinato olio, ma quali gli effetti sgradevoli nel consumo di un olio con alte percentuali di acidità?    

Uno dei primi effetti è sicuramente il sapore: un’acidità elevata può conferire all’olio un sapore pungente e sgradevole.

Pensiamo poi alla salute: un’acidità moderata non è dannosa per la salute, anzi, alcuni acidi grassi liberi, come l’acido oleico, sono benefici per l’organismo.

C’è poi il punto di fumo: un’acidità elevata può abbassare il punto di fumo dell’olio, rendendolo più incline a bruciare durante la cottura.

A margine di questo breve focus sull’acidità nell’olio, se dei consigli utili per il consumatore Romolo Gentili si sente di darli a riguardo, in qualità di frantoiano di quinta generazione (Frantoio Gentili), dice – per essere sicuri di acquistare un olio di oliva di alta qualità, scegliete sempre un olio extravergine di oliva con un’acidità inferiore a 0,5%.-

In più ricorda Romolo è importante conservate l’olio in un luogo fresco e buio, lontano da fonti di calore e luce, utilizzate l’olio extravergine di oliva a crudo per condire ed insaporire i vostri piatti ed infine per cucinare, utilizzate un olio con un punto di fumo più alto, come l’olio di semi di girasole o l’olio d’arachidi.

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